La Corte europea dei diritti umani ha deciso di bocciare il ricorso con il quale l'Italia ha chiesto il riesame della sentenza che aveva bocciato la legge 40 sulla procreazione assistita.
La Corte aveva in precedenza stabilito che la Legge italiana ha violato il diritto al rispetto della vita privata e familiare di Rosetta Costa e Walter Pavan, già genitori di un figlio nato nel 2006, affetto da fibrosi cistica.
Avendo scoperto di essere entrambi portatori sani della malattia i due pensavano di ricorrere alla fertilizzazione in vitro (FIVET) e alla conseguente diagnosi genetica preimpianto. Si sono però visti rifiutare la possibilità della FIVET, pratica consentita solamente a coppie sterili o con malattie sessualmente trasmissibili. Costa e Pavan si sono dunque rivolti alla Corte di Strasburgo, che ha definito incoerente “in quanto allo stesso tempo un'altra legge dello Stato permette alla coppia di accedere a un aborto terapeutico in caso che il feto venga trovato affetto da fibrosi cistica.”
Il riesame della sentenza ha confermato la decisione della Corte, che oggi ha stabilito che lo Stato Italiano dovrà corrispondere a Costa e Pavan. 15mila euro per danni morali e 2.500 per le spese legali.
“Con la bocciatura del ricorso del Governo - hanno spiegato Nicolò Paoletti, legale dei coniugi, e Filomena Gallo, segretario dell'associazione Luca Coscioni - la legge 40 dovrà essere adeguata alla Carta europea dei diritti dell'uomo, come previsto dalla sentenza della stessa Corte lo scorso 28 agosto, prevedendo l'accesso alle tecniche di fecondazione medicalmente assistita anche per le coppie fertili portatrici di patologie trasmissibili ai figli”. Attualmente solo le coppie infertili hanno accesso a trattamenti di procreazione medicalmente assistita. “Oggi - hanno scritto i legali in una nota - è stata eliminata una dolorosa discriminazione nell'accesso alle cure”.
Per cambiare la legge sarà però necessario un intervento da parte del Parlamento.
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