Sessualità e maternità

Ambulatori ginecologici inaccessibili, personale sanitario impreparato. L’intervista a Noemi Canavese, psicologa UILDM

Sono ancora tante le barriere fisiche e culturali quando si parla di sessualità e maternità per le donne con disabilità. Perché trovare un ambulatorio ginecologico adeguato rimane un’impresa e, quando si tratta di donne con disabilità, i pregiudizi legati al sesso e alla maternità sono ancora duri a morire. Ne abbiamo parlato con Noemi Canavese, psicologa dell’Unione Italiana Lotta alla Distrofia Muscolare (UILDM).

Dottoressa Canavese, qual è la situazione dei diritti sessuali riproduttivi per le donne con disabilità oggi in Italia?

Sebbene oggi di sessualità e disabilità si parli di più rispetto a un tempo, persistono ancora molti pregiudizi e c’è una grande ignoranza, intesa letteralmente come mancanza di conoscenza, anche tra le stesse donne disabili, che spesso non si sottopongono alle visite ginecologiche ritenendole superflue. In realtà, invece, la prevenzione è cruciale: anche le donne con disabilità, infatti, possono essere colpite da tumori all’utero, alle ovaie e alla vulva, spesso diagnosticati in ritardo proprio per la mancanza di controlli.

Da cosa dipende questa mancanza di prevenzione?

Molte donne pensano di non aver bisogno di fare controlli semplicemente perché non hanno rapporti sessuali. Quello della sessualità e dell’affettività è un aspetto completamente sottovalutato, mentre è chiaro che anche donne con disabilità abbiano dei bisogni sessuali e affettivi. E qui si apre un’altra questione fondamentale, quella della solitudine relazionale e della difficoltà di entrare in contatto con l’altro. Da un’indagine condotta nel 2022 dal Gruppo Donne e dal Gruppo Psicologi UILDM su 131 donne con diversi tipi di disabilità e un’età compresa tra i 19 e i 74 emerge che solo poco più di una su due effettua i controlli ginecologici con regolarità. Inoltre, durante le visite ginecologiche, meno di una su tre riceve informazioni sulla contraccezione, perché si dà per scontato che per una donna con disabilità la sessualità non sia rilevante. Analogamente, si presume che le donne disabili non possano desiderare una gravidanza.

Perché è così complesso pensare a un percorso verso la maternità?

Secondo l’indagine l’81% delle donne desidera essere madre, ma il 69% non ha mai cercato una gravidanza. Inoltre, quattro donne su cinque sono preoccupate di non poter sostenere fisicamente e portare a termine una gravidanza, mentre tre su cinque temono di non poter essere delle buone madri. Ma colpisce anche che quasi una donna su due è stata scoraggiata a perseguire il desiderio di maternità e, spesso, a spingerle a rinunciare all’idea della gravidanza sono stati dei medici.

Quali sono le ricadute di questa ignoranza sulla vita delle donne disabili?

Oltre ai rischi derivanti dalla mancanza di controlli, ci sono molte ricadute psicologiche come l’isolamento e l’assenza di una vita relazionale e sessuale soddisfacente. Naturalmente, esistono molto eccezioni, ma la privazione di aspetti così fondamentai dell’esistenza riguarda ancora troppe donne. La mancanza di conoscenza interessa, inoltre, anche la medicina legata alla fecondazione assistita, per cui tante donne scelgono di non avere figli per paura di trasmettere loro la propria patologia. Non è detto che una donna debba essere necessariamente madre, ma deve avere la possibilità di scegliere liberamente se avere o meno figli, come pure se avere rapporti sessuali e anche se entrare sola o accompagnata negli ambulatori di ginecologia.

C’è un problema di accessibilità che riguarda gli ambulatori ginecologici?

Dall’indagine è emerso che il 71% delle donne è costretta a farsi accompagnare anche nella stanza dove si svolge la visita e che solo il 28% delle persone intervistate ha potuto usufruire di uno spogliatoio accessibile. Alcune donne, poi, hanno raccontato che i medici non si erano rivolti direttamente a loro, ma alle persone che le accompagnavano. Inoltre, spesso risulta difficile effettuare esami specialistici come una mammografia o un’ecografia transvaginale perché le postazioni non sono accessibili. Anche il problema della mobilità è significativo: il 44% delle strutture non è raggiungibile con i mezzi pubblici e il 63% non dispone di parcheggi riservati alle persone con disabilità. Per fortuna esistono ambulatori pubblici specializzati come il Sant’Anna e il Fior di Loto di Torino, dove le donne con disabilità possono trovare personale formato e attrezzature adeguate, come i lettini ad altezza regolabile.

E sulla sessualità cosa si può dire?

Ci sono molte criticità. Il 46% delle donne intervistate nell’indagine non aveva una relazione. Le cose non vanno meglio quando si parla di percezione del corpo, infatti sei donne su dieci pensano di essere meno attraenti sessualmente a causa della disabilità. Questo pregiudizio è spesso rafforzato dal contesto familiare, visto che una donna su tre riferisce che la propria famiglia considera la disabilità un ostacolo per avere una relazione. Insomma, nonostante alcuni progressi, è chiaro che quando si parla di disabilità, maternità e sessualità c’è ancora tanto da fare.

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