Caterina Pelosini e Maria Rita Sessa

Tre specialisti di Pisa denunciano: “Il dosaggio dell'FGF23 è molto importante per l'accesso alla nuova terapia, ma non è ancora stato inserito nel nomenclatore regionale”

Pisa – Un problema che riguarda pochissimi pazienti e che potrebbe essere risolto con un costo davvero contenuto: si tratta del semplice dosaggio di un ormone, che dovrebbe essere gratuito in quanto i pazienti affetti da una malattia rara sono esentati dal pagamento del ticket. Ma così non è, perché questo esame non è stato ancora inserito nel nomenclatore regionale. La patologia di cui parliamo è l’ipofosfatemia legata all'X (XLH), una rara forma di rachitismo provocata dall'eccessiva produzione di un ormone, chiamato fattore di crescita fibroblastico 23 (FGF23), dovuta a una mutazione del gene regolatore PHEX. Il dosaggio dell'FGF23 rappresenta uno dei criteri per avere accesso alla terapia con un nuovo farmaco, il burosumab, nel caso in cui non sia possibile eseguire l'analisi genetica. Inoltre, tale ormone è molto importante nella diagnosi differenziale tra le varie forme di ipofosfatemia, molte delle quali dovute a mutazioni genetiche.

Il problema si verifica in tutte le Regioni italiane, ma è particolarmente sentito nel centro che ha la maggiore casistica di XLH, quello di Pisa. La denuncia arriva infatti da tre specialisti dell'Azienda Ospedaliero-Universitaria Pisana: la dr.ssa Maria Rita Sessa e la dr.ssa Caterina Pelosini del Laboratorio di Chimica ed Endocrinologia, e il dr. Giampiero Baroncelli dell'Unità Operativa di Pediatria.

Dal loro lavoro congiunto è nato un Percorso Diagnostico Terapeutico Assistenziale (PDTA) per la XLH, che per ora è stato approvato solo a livello aziendale. “Vorremmo estenderlo anche a livello regionale, per delineare i ruoli delle diverse unità operative e delle diverse aziende ospedaliere nella gestione del paziente pediatrico e adulto”, spiegano gli autori. Il lavoro di preparazione è attualmente in corso, insieme ai colleghi che seguono i pazienti adulti. “Abbiamo inserito nel documento i parametri relativi al dosaggio dell'FGF23, molto importante perché il paziente possa accedere alla terapia”. Poi, sempre a proposito di PDTA, ne è stato redatto un altro per la Società Italiana di Endocrinologia e Diabetologia Pediatrica (SIEDP), che riguarda tutte le forme di rachitismo.

Il nostro Laboratorio ha fatto tutto ciò che era possibile, dal punto di vista tecnico, affinché il dosaggio dell'FGF23 fosse inserito nel nomenclatore regionale: abbiamo fatto un'analisi dei costi di questo esame e inviato alcune relazioni sulla sua utilità”, spiega la dr.ssa Sessa. “Il problema è che i pazienti, nonostante siano esenti per patologia, sono costretti a pagarlo (46,50 euro): è inaccettabile, perché si tratta di un loro diritto. Per ora siamo stati supportati dall'azienda che produce questo kit diagnostico, ma è chiaro che questa situazione non può durare all'infinito. I tavoli a livello regionale per discutere quali analiti inserire nel nomenclatore non sono più stati convocati; ho anche scritto alcune lettere ai responsabili, ma non ho avuto risposta. Già nel 2019 c'era stato un impegno da parte delle società scientifiche per portare avanti questa istanza, ma purtroppo la situazione non si è risolta. Ci sentiamo un po' abbandonate”.

Eppure non si tratterebbe di un costo ingente, anzi: l'incidenza della XLH varia da un caso su 20.000 a uno su 60.000 persone, ed è stimato che in Italia non si superino i 400 casi. “Si parla sempre più spesso di malattie rare, ma noi che ci lavoriamo sappiamo che è un mondo difficilissimo da gestire”, aggiunge la dr.ssa Pelosini. “Il compito del Centro di riferimento dovrebbe essere quello di segnalare le criticità legate alla malattia, e l'Azienda Ospedaliera, i referenti regionali per le malattie rare e la Regione stessa dovrebbero impegnarsi a risolverle. Dovremmo essere supportati e messi nelle condizioni di garantire ai pazienti strutture adeguate e l'accesso alla terapia: insomma, vorremmo poter offrire loro il miglior servizio possibile. Un intoppo burocratico può capitare, ma poi bisogna avere la volontà per risolvere i problemi”.

Il dosaggio della proteina FGF23, fra l'altro, è un esame molto versatile, che non è utile solo nella XLH: è anche un indicatore precoce della malattia cardiaca nei pazienti diabetici e in quelli con insufficienza renale, agendo da marcatore predittivo dell'andamento della patologia. “In Italia ci sono dei centri che stanno somministrando il burosumab off label, cioè per altre forme di rachitismo ipofosfatemico dovute non a una mutazione del gene PHEX, ma di altri geni”, sottolinea il dr. Baroncelli. In questi casi la valutazione dei livelli di FGF23 risulta fondamentale.

“Il farmaco è efficace anche per questi pazienti, o per quelli con osteomalacia indotta da tumore: c'è un trial in corso negli Stati Uniti secondo il quale il burosumab funziona anche per loro. Questo significa che il dosaggio dell'FGF23 potrebbe essere utilissimo per tante altre forme di ipofosfatemia, sia congenite che acquisite. E sarebbe utile anche ai nefrologi, perché l'FGF23 è elevatissimo nell'insufficienza renale, e anche ai cardiologi, essendo un possibile indice biochimico di rischio per l'infarto e le complicanze cardiovascolari”, conclude il pediatra. Insomma, un problema che oggi è di dimensioni molto ridotte, nel futuro prossimo potrebbe riguardare molte più persone: a maggior ragione dev'essere risolto.

Leggi anche: “Ipofosfatemia legata all’X: da una terapia sintomatica a una eziologica

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