La riflessione di Aifa sul ruolo dei media e il nostro invito: non leggete solo i titoli
La ricerca di una terapia standard a costi inferiori, con periodi di attesa più brevi, o di una terapia già ben regolata altrove dà spesso origine al cosiddetto ‘turismo medico’, un fenomeno che esiste già da tempo, e che ha visto una notevole evoluzione grazie alla globalizzazione, alla diffusione di internet e alla facilità di viaggiare a basso costo.
Negli ultimi anni si sta sviluppando inoltre un nuovo tipo di fenomeno, quello del ‘turismo delle staminali’: persone spinte dal miraggio di terapie a base di cellule staminali, terapie spesso non sperimentate che promettono di curare di tutto, dalle malattie neurodegenerative al diabete, dalla paralisi all’autismo, con un controllo regolatorio pressoché nullo.
Pazienti condannati da malattie letali, ma anche persone facoltose disposte a sborsare cifre considerevoli per curare dei disturbi. Spesso i pazienti alla ricerca di nuove ‘cure’ non vogliono neanche sapere quali sostanze gli saranno somministrate, se esistono evidenze dell’efficacia o monitoraggi sugli eventuali rischi di un trattamento. E spesso si sottopongono a terapie inefficaci, talvolta pericolose e costose, spinti da mirabolanti promesse scovate, a volte, sul web.
Aifa propone su questo argomento un’interessante riflessione che riportiamo di seguito integralmente.
Parte della colpa di questa superficialità è spesso dovuta all’eccessiva semplificazione delle ‘scoperte’ in campo biomedico e, soprattutto, alla loro enfatizzazione da parte di giornali, radio e tv, che finiscono spesso per generare in pazienti e familiari false speranze e amare delusioni. La chiave del fenomeno potrebbe risiedere nella frase latina argumentum ad novitatem: l’attrattività del nuovo. E il ‘nuovo’, la novità, è di per sé un termine estremamente allettante anche per i mezzi di informazione, in particolare nel campo della medicina e delle innovazioni terapeutiche.
Nel caso delle terapie a base di cellule staminali la domanda è stata pilotata dall’enorme copertura mediatica sul tema, con articoli che spesso non distinguevano chiaramente tra i diversi tipi di cellule staminali, e che comunicavano eccessivo ottimismo circa le prospettive di successo a breve termine di queste terapie.
Un'analisi pubblicata da due ricercatori canadesi sulla rivista Science Translation Medicine, dal titolo "Il clamore mediatico sulle cellule staminali", ha indagato l'immagine della ricerca traslazionale fornita dai principali quotidiani in Canada, Stati Uniti e Regno Unito. I risultati mostrano che nella maggior parte degli articoli il tema è stato trattato con eccessivo ottimismo, contribuendo a generare speranze infondate sia sui tempi sia sulle reali disponibilità di alcune terapie. I due autori dell’articolo, Kalina Kamenova e Timothy Caulfield, hanno concluso che l'elevato ottimismo dei media può effettivamente contribuire ad alimentare nei pazienti aspettative non realistiche su terapie dubbie e ancora lontane dall'applicazione clinica; fanno la loro parte anche gli scienziati, utilizzati dai media per ottenere dichiarazioni autorevoli e che in molti casi forniscono indicazioni temporali poco affidabili sulla disponibilità delle terapie.
Secondo R. Alta Charo, docente di Diritto e Bioetica all’Università del Wisconsin, che ha recentemente pubblicato sul tema un articolo sul The New England Journal of Medicine, anche l’editing genetico, che negli ultimi tempi ha dato incoraggianti risultati nelle sperimentazioni, è a rischio di clamori mediatici e potrebbe innescare una nuova ondata di turismo medico. Anche se si parla di editing genetico dagli anni ‘90 con le ZFNs (Zinc Finger Nucleases) e TALENs (Transcription Activator-Like Effector Nucleases), la nuova tecnica CRISPR (Clustered Regularly Interspaced Short Palindromic Repeats)-Cas, introdotta nel 2012, ha infatti portato a un aumento dell’attenzione da parte di stampa e tv, alimentata dalla polemica su una potenziale manipolazione di embrioni umani e dall’entusiasmo per la gamma dei possibili usi di cellule somatiche.
La tecnica CRISPR-Cas9 è stata definita dalla rivista Science la migliore scoperta del 2015. Dopo la notizia sull’interruzione della progressione della distrofia di Duchenne in un modello animale, sui principali quotidiani e siti di divulgazione scientifica sono apparsi titoli come "L’editing genetico offre la speranza per il trattamento della distrofia muscolare di Duchenne". Così come, nel caso dei promettenti risultati conseguiti dalla tecnica ZFN nel tentativo di curare la leucemia in una bambina, i giornali titolavano "La tecnica dell’editing genetico cura la leucemia in una bambina". Titoli di questo tenore inevitabilmente veicolano messaggi di speranza che inducono i pazienti a credere che i nuovi trattamenti siano a un livello avanzato. Non ci si deve quindi sorprendere se i pazienti, leggendo titoli spesso fuorvianti, pensano che le cure siano già disponibili. Non tutti leggono oltre il titolo.
Questo corrisponde, dall’altro lato, a una crescente errata percezione della lentezza dei percorsi normativi, anche se le autorità regolatorie introducono sempre più modi per approvare e fornire rapidamente l'accesso a terapie sperimentali.
Sarebbe opportuno, suggerisce l’autrice dell’articolo sul NEJM, adottare sin d’ora misure per mettere in guardia dal possibile fenomeno. Ci vorrà uno sforzo concertato da parte di ricercatori, aziende e operatori dell’informazione per trovare il confine sottile tra la speranza dei pazienti e il sensazionalismo dei media e per riuscire a spiegare che il modo migliore per trovare cure sicure ed efficaci passa necessariamente e soltanto attraverso attente fasi di sperimentazione clinica e monitoraggio dei trattamenti. Giornalisti e redattori scientifici dovrebbero garantire che gli articoli e i relativi titoli siano scritti in modo appropriato; gli scienziati dovrebbero essere attenti ai messaggi divulgati, mentre le autorità regolatorie dovrebbero collaborare tra loro e con le associazioni di pazienti al fine di sviluppare fonti d’informazione credibili e accurate e operando per elaborare protocolli di ricerca responsabile e misure di monitoraggio dei pazienti.
Si conclude così la riflessione di Aifa, che in larga parte condividiamo. Certamente sarebbe bene che anche le istituzioni di Sanità Pubblica in Italia iniziassero ad agire per sensibilizzare i cittadini: è bene distinguere tra fonti (web comprese) attendibili e non, ed è certamente fondamentale non fermarsi alla lettura dei soli titoli, social network compresi.
Seguici sui Social