Amiloidosi, nuovi dati sul farmaco patisiran

Il dato è emerso dalla valutazione di 40 pazienti italiani che hanno avuto accesso alla terapia prima della sua approvazione, attraverso un programma di uso compassionevole

Il farmaco patisiran ha dimostrato di aver ampiamente stabilizzato la malattia nei pazienti italiani con amiloidosi hATTR che hanno avuto accesso al trattamento, prima della sua approvazione normativa, attraverso un programma di uso compassionevole. È la conclusione dei ricercatori che hanno esaminato i dati di questi pazienti, particolarmente interessanti perché relativi a un follow-up della durata di quattro anni. Lo studio – multicentrico, osservazionale e retrospettivo – è stato appena pubblicato sulla rivista Neurological Sciences.

L'amiloidosi ereditaria da transtiretina (hATTR) è una malattia rara, a progressione rapida, causata da mutazioni nel gene della transtiretina: in questa patologia, i depositi extracellulari e multisistemici di amiloide causano disfunzioni in diversi organi e tessuti. Il patisiran è un farmaco caratterizzato da un acido ribonucleico a doppio filamento (siRNA) formulato sotto forma di nanoparticelle lipidiche, il cui scopo è quello di interferire con la sintesi della proteina transtiretina (TTR), sia essa mutata o wild-type.

Nello studio sono stati arruolati quarantaquattro pazienti con amiloidosi hATTR e polineuropatia provenienti da undici centri italiani, che hanno ricevuto patisiran nell'ambito di un programma di uso compassionevole; quattro sono poi stati esclusi dall'analisi a causa di un follow-up incompleto o di complicazioni legate al COVID-19 che hanno comportato una mancata aderenza alla terapia. Al momento di iniziare il trattamento con patisiran, 34 pazienti (l'85%) stavano assumendo il farmaco tafamidis, uno stabilizzatore del tetramero di TTR, ma nessuno di loro ha ricevuto una doppia terapia: la decisione di passare a patisiran, infatti, è stata presa a causa della progressione della malattia con tafamidis.

L'analisi sui 40 pazienti (30 maschi e 10 femmine) ha riguardato le variazioni avvenute dal basale a 12, 24, 36 e 48 mesi su una serie di parametri, misurati con diversi strumenti. Il primo è lo stadio della polineuropatia amiloide familiare (FAP), che classifica il paziente in base alla sua capacità di deambulazione: FAP 1 descrive un paziente sintomatico, ma completamente deambulante, FAP 2 è definito dalla necessità di ausili per la deambulazione e FAP 3 denota dipendenza da sedia a rotelle o costrizione a letto. Il secondo è la classe di disabilità correlata alla polineuropatia (PND), che viene utilizzata per descrivere i disturbi della deambulazione dovuti a danno neurologico. Ai pazienti viene assegnato un punteggio di 1, 2, 3a, 3b o 4, che va dall'assenza di problemi di deambulazione (PND 1) all'essere costretto su una sedia a rotelle o allettato (PND 4). C'è poi il punteggio di compromissione neuropatica (NIS), che consente la valutazione del danno neurologico nei pazienti con amiloidosi hATTR sulla base della valutazione della forza muscolare, dei riflessi e della sensibilità negli arti; punteggi più alti indicano una maggiore compromissione su una scala da 0 a 244.

Altre misurazioni sono state effettuate con il Compound Autonomic Dysfunction Test (CADT), sviluppato per valutare i sintomi della disfunzione autonomica riscontrati nei pazienti con amiloidosi hATTR, in cui punteggi bassi corrispondono a disfunzioni gravi; con la scala Karnofsky Performance Status (KPS), una misura di compromissione funzionale in cui il punteggio viene assegnato con incrementi del 10%, da 0 (morte) a 100% (nessuna malattia); e con il questionario Norfolk Quality of Life – Diabetic Neuropathy (QoL-DN), utilizzato per valutare la qualità di vita correlata alla neuropatia e composto da due parti, una dedicata ai sintomi e l'altra all'impatto che questi hanno sulla vita quotidiana (punteggi elevati denotano una scarsa qualità di vita). Ai pazienti, infine, è stato misurato l'indice di massa corporea modificato (mBMI).

L’analisi statistica, in tutte le rilevazioni, ha dimostrato una stabilizzazione della malattia. Dopo 48 mesi di follow-up, lo stadio FAP e la classe PND erano disponibili in 31 pazienti: lo stadio della polineuropatia amiloide familiare (FAP) era rimasto stabile in 25 pazienti (l'80,6%), mentre la classe di disabilità della polineuropatia (PND) era stabile in 22 soggetti su 31 (il 70,9%), e in un caso è addirittura migliorata.

Dopo quattro anni, dunque, la maggior parte dei pazienti ha mostrato punteggi stabili o migliorati in tutte le scale utilizzate. Questi dati confermano quelli ottenuti negli studi clinici su patisiran APOLLO e Global OLE, considerando un periodo di osservazione di oltre due anni, e anche gli eventi avversi correlati al farmaco si sono rivelati simili a quelli già noti, ovvero di lieve intensità, per lo più reazioni nel sito di iniezione; inoltre non sono emersi nuovi segnali di sicurezza.

In alcuni pazienti è stato osservato anche un miglioramento dello stato neurologico: nel 19,4% dei pazienti il punteggio di compromissione della neuropatia (NIS) è migliorato di almeno 2 punti rispetto al basale. “Nella nostra popolazione, patisiran ha dimostrato di essere in grado di arrestare il deterioramento autonomico”, scrivono i ricercatori. Lo studio, secondo gli autori, ha molti punti di forza e alcune limitazioni. “Fra i primi c'è sicuramente il contesto 'real-world', che consente una valutazione realistica dell’efficacia di patisiran in una popolazione di studio relativamente ampia e con un lungo follow-up”, sottolineano. “Fra le seconde, invece, c'è il disegno retrospettivo, che comporta la possibilità di bias legati alla registrazione dei dati e al numero limitato degli elementi analizzati”.

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