Il direttore generale Francesca Pasinelli: “Un'altra iniziativa utile sarebbe un credito di imposta per incentivare i progetti di studio su queste patologie”
Roma – Era il 1990 quando Susanna Agnelli, in collaborazione con l'Unione Italiana Lotta alla Distrofia Muscolare (UILDM), creò la Fondazione Telethon, per finanziare e promuovere la ricerca scientifica sulle malattie genetiche rare. Oggi la tradizionale maratona televisiva, in onda sulle reti RAI dal 14 al 21 dicembre, si prepara a festeggiare i suoi trent'anni di attività. Dalla sua nascita, Telethon ha raccolto fondi per 528 milioni di euro, con più di 1.600 ricercatori coinvolti nello studio di 571 malattie rare e oltre 12.700 pubblicazioni sulle più prestigiose riviste scientifiche internazionali.
Nel 2016 un altro importantissimo successo: l'approvazione in Europa della prima terapia genica con cellule staminali al mondo, sviluppata da Telethon e destinata al trattamento dell’ADA-SCID, una grave immunodeficienza che compromette le difese dell’organismo fin dalla nascita. Francesca Pasinelli, Direttore generale della Fondazione, il 12 novembre scorso è stata chiamata in audizione alla Camera dei Deputati per discutere le quattro proposte di legge per il sostegno alla ricerca sulle malattie rare e alla produzione di farmaci orfani, che il Parlamento esaminerà nei prossimi mesi.
Dottoressa Pasinelli, qual è il suo giudizio su questi disegni di legge?
“Tutte e quattro le proposte di legge contengono degli elementi apprezzabili e hanno un grande valore per quanto riguarda l'impianto generale, ma credo che questo tema debba essere affrontato con un unico disegno di legge. Serve un testo organico, che prenda in esame la diagnosi delle malattie genetiche rare, la presa in carico del paziente, i Percorsi Diagnostico Terapeutici Assistenziali (PDTA), il sostegno alle famiglie e ovviamente i finanziamenti alla ricerca scientifica”. Relativamente a quest'ultimo tema, appare particolarmente apprezzabile quanto previsto in una delle proposte, ovvero destinare all’ambito delle malattie rare una quota fissa minima del 15% sul totale dei fondi pubblici messi a bando per la ricerca dal Ministero della Salute, dal MIUR e dalle Regioni.
Quali sono, secondo la sua esperienza, le principali criticità nell'ambito della ricerca in Italia?
“Bisogna riconoscere che la ricerca italiana ha una grande competenza e un importante potenziale da esprimere, e ricopre un ruolo di riconosciuta eccellenza a livello mondiale. Ci sono, però, alcune difficoltà che la mantengono in uno stato di costante sofferenza: direi che la principale è la mancanza di una visione unica, la poca sinergia. Nel nostro Paese non ci sono finanziamenti e programmi di ricerca pubblici dedicati in modo specifico alle malattie rare: i bandi per la ricerca biomedica vengono promulgati in parte dal Ministero della Salute e in parte da quello della Ricerca, e a mio parere in questo caso servirebbe un'integrazione dei due budget. Inoltre, l'impianto della nostra sanità, su base regionale, amplifica questa frammentazione e fa aumentare le differenze fra le diverse Regioni. Tanti bandi da poche centinaia di migliaia di euro rappresentano un'occasione persa, perché non saranno mai utili quanto un unico bando da diversi milioni di euro”.
La proposta della Fondazione Telethon è la creazione di un Coordinamento nazionale delle attività di ricerca sulle malattie rare...
“Avere una regia unica che riunisca le attività di ricerca a tutti i livelli, su base nazionale e con una visione europea, è l'unico modo per potenziare i finanziamenti e per evitare di sprecare le risorse. Attualmente, nel gruppo di lavoro istituito presso il Ministero della Salute per creare il nuovo Piano Nazionale Malattie Rare, stiamo coordinando i lavori sulle proposte relative all’ambito della ricerca, e il nostro contributo va in questa direzione. Anche le quattro proposte di legge in esame, in linea generale, sono condivisibili, ma la comunità delle malattie rare ha bisogno di misure urgenti, che non possono aspettare i tempi delle risposte parlamentari. Perciò riteniamo che sia necessario dare un segnale concreto, con un emendamento al testo della Legge di Bilancio 2020 in esame al Senato: si potrebbe istituire un credito di imposta a sostegno degli stanziamenti in progetti di ricerca clinica e preclinica finalizzata allo sviluppo di protocolli terapeutici o alla produzione di farmaci orfani, per gli enti di ricerca o per i privati che ne sosterranno il finanziamento. Si tratta di un'iniziativa che, se condivisa e supportata, potrebbe divenire operativa già a partire dal prossimo anno”.
Un'altra proposta che avete avanzato riguarda l'allargamento del panel di malattie oggetto dello screening neonatale. Quali altre patologie sarebbe opportuno inserire?
“Il nostro modello di screening neonatale è uno dei più avanzati al mondo, essendo in grado di identificare oltre 40 malattie metaboliche. Ci sono poi alcune Regioni, come la Toscana, il Veneto e il Lazio, che con l'avvio di progetti pilota hanno inserito nel panel ulteriori patologie. In questo modo è possibile intercettare la malattia all'esordio, e con la terapia precoce migliorarne il decorso o addirittura salvare il bambino da morte certa. È un'opportunità che alcune Regioni italiane hanno, al contrario di altre. È necessario, pertanto, allargare rapidamente il pannello di malattie oggetto dello screening neonatale esteso, includendo tutte le patologie rare per cui oggi è disponibile – o in fase di sviluppo avanzato – una terapia. Tra queste le malattie da accumulo lisosomiale come la leucodistrofia metacromatica, le mucopolisaccaridosi, le malattie di Pompe e di Fabry, le immunodeficienze come l'ADA-SCID o la sindrome di Wiskott-Aldrich e le malattie neuromuscolari come l'atrofia muscolare spinale (SMA).
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